Con l’entrata in vigore del PAN (Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) e quindi il conseguente divieto di utilizzare diserbanti chimici in molte aree urbane e non solo, il pirodiserbo è di fatto diventato un mezzo ideale nella gestione delle erbe infestanti la dove non si può o non si vuole usare la chimica.
Il proliferare di erbe infestanti ai bordi delle strade, sui marciapiedi, lungo le piste ciclabili, nei vialetti dei parchi e giardini, e ancora, sulle mura cittadine, nelle piazze o nei parcheggi sono problemi con i quali amministrazioni pubbliche e manutentori del verde combattono tutti i giorni, l’impossibilità di utilizzare diserbanti chimici obbliga all’uso di tecniche alternative. Il pirodiserbo è indubbiamente in questo caso una tecnica efficace ed economica.
L’efficacia è garantita dal fatto che, seppur con tempi diversi in funzione delle specie vegetali e delle condizioni ambientali, interventi frequenti e rapidi consentono di ridurre progressivamente la presenza delle erbe infestanti.
L’economicità è garantita dal nostro sistema di miscelazione GPL unito al bruciatore a bacchetta che permette di lavorare velocemente grandi superfici con pochissimo consumo di gas.
La crescente sensibilità dei consumatori nei confronti delle tematiche ambientali ha spinto molti orticoltori ad abbandonare l’utilizzo di diserbanti chimici nella gestione delle erbe infestanti, scegliendo metodi alternativi.
In agricoltura biologica, gli unici strumenti permessi nella gestione della flora spontanea sono i mezzi “non chimici” di controllo, che devono essere ben gestiti dall’agricoltore durante le varie fasi del ciclo di vita delle colture; impostare una corretta strategia di controllo utilizzando tecniche preventive, indirette e dirette permetterà all’orticoltore di massimizzare gli effetti desiderati. In orticoltura il pirodiserbo può essere usato con efficacia durante la fase della falsa semina specialmente su colture orticole poco competitive (come ad esempio la carota), in pre-semina/ pre-emergenza, ma anche in post-emergenza su colture tolleranti (ad esempio molte monocotiledoni, quali aglio, cipolla, mais, le colture erbacee se trattate in corrispondenza del colletto dopo la suberificazione, le colture arboree, etc.).
Il pirodiserbo consente, nell’ambito della tecnica della falsa semina, di intervenire senza smuovere il terreno e quindi senza stimolare nuovamente l’emergenza di avventizie. Da questo punto di vista il pirodiserbo è in qualche modo assimilabile (ma solo negli effetti!) ad un intervento chimico, senza però avere le controindicazioni negative da un punto di vista ambientale, poiché il residuo lasciato sul terreno è totalmente nullo.
Dopo il germogliamento, una delle prime operazioni da fare nel vigneto è la gestione delle infestanti all’interno del filare, non tanto per quanto riguarda l’interfilare, che potrebbe essere inerbito oppure no, a seconda di dove si opera, ma bensì fra pianta e pianta. Ad oggi la gestione delle infestanti rimane uno dei grossi problemi presenti nella viticoltura, che essa sia di tipo tradizionale, integrata, biologica o biodinamica. Se non ben gestita la flora spontanea può esercitare, infatti, concorrenza alle radici della vite per l’acqua e gli elementi minerali, ma anche contribuire allo sviluppo di ampelopatie, tanto della Peronospora quanto della Botrytis (responsabile della muffa grigia dell’uva), nonché alla diffusione di ragnetti e persino di virosi.
In particolar modo in un agricoltura tradizionale o integrata si richiede un prodotto finale con una sempre minore presenza di residui di fitofarmaci, in particolare nell’integrata è necessario intervenire con erbicidi localizzati nel sottofilare, che risultano non sempre adeguati. Il diserbo può essere effettuato seguendo due modalità: chimico e fisico. Il primo, oltre che a lasciare residui, può, se non usato correttamente, provocare danni alla pianta, causando ustioni alle foglie più basse che possono essere colpite per sbaglio. Inoltre, l’utilizzo costante e continuo può provocare un rapido incremento delle specie perennanti se vengono utilizzati per lo più degli erbicidi fogliari (come richiesto dai disciplinari di produzione integrata). Infine, l’efficacia dei trattamenti non dipende soltanto dal tipo di sostanza utilizzata, ma anche dalla modalità di distribuzione e dalla tempistica di intervento. I diserbanti, infatti, se distribuiti in condizioni di vento non ottimali, possono essere dispersi nell’atmosfera e trasportati dalle correnti d’aria a notevole distanza dal luogo in cui viene eseguito il trattamento, oppure possono essere lisciviati nelle acque superficiali od in quelle di falda con le precipitazioni, creando dei danni ambientali di notevole entità.
Il diserbo meccanico è altrettanto valido, ma le macchine che vengono utilizzate sono piuttosto ingombranti e soprattutto con una capacità di lavoro non altissima.
Un’altra operazione da effettuare nel vigneto all’inizio della stagione, in genere qualche settimana dopo il germogliamento, è la spollonatura; questa consiste nella rimozione completa dei germogli che si sviluppano sul ceppo o dal pedale del portinnesto derivanti dalla chiusura delle gemme latenti (polloni) che durante la stagione vegetativa si sviluppano lungo il ceppo della vite. Le tecniche di spollonatura conosciute ed usate attualmente in viticoltura sono di tipo: manuale, meccanica e chimica.Una valida alternativa ai metodi citati precedentemente è il PIRODISERBO; questo rappresenta una soluzione efficace, permettendo di effettuare contemporaneamente il controllo delle infestanti e la spollonatura (PIROSPOLLONATURA). Nel corso degli anni i risultati ottenuti dalle sperimentazioni effettuate hanno dimostrato che il pirodiserbo riesce a gestire le infestanti al meglio, andando a devitalizzarle e causando loro uno “shock” termico, ossia una “lessatura” dei tessuti vegetali sottoposti ad alte temperature (1000-2000°C) per pochi decimi di secondo. Al contrario di altri mezzi di tipo fisico, il pirodiserbo durante il suo utilizzo non va a toccare il terreno, non stimolando così ulteriormente l’emergenza di nuove infestanti e rispetto alla chimica non arreca danni al terreno e all’humus. Studi effettuati hanno mostrato che la pirospollonatura è caratterizzata da una buona capacità operativa e da ridotti consumi di combustibile, raggiungendo ottimi risultati. In più essendo molto meno aggressiva verso la pianta rispetto alla spollonatura meccanica, riduce il potenziale trasferimento di malattie.
Negli oliveti generalmente si instaura una flora infestante le cui caratteristiche quali-quantitative variano, ovviamente, in ragione di diversi fattori, nell’ambito di questi ultimi, sono da annoverare la zona di coltivazione, l’andamento climatico, le caratteristiche fisico / chimiche del terreno, e soprattutto le tecniche utilizzate per controllare le erbe infestanti, insieme alle pratiche agronomiche con cui viene condotta la coltivazione, tra le quali in particolar modo quella dell’utilizzo o meno dell’irrigazione.
Anche per l’olivo è sempre stata molto sentita dagli agricoltori la necessitò di eseguire trattamenti per limitare le infestanti. L’eliminazione o almeno il contenimento delle malerbe si rende necessario, infatti, allo scopo di ridurre le perdite di acqua e la sottrazione di elementi nutritivi, salvaguardando, quindi, la produzione sotto l’aspetto quali- quantitativo. Il pirodiserbo può rappresentare una valida alternativa nella gestione del sottofilare e per i nuovi polloni attraverso la pirospollonatura.
La gestione sostenibile delle coltivazioni comporta l’esigenza di conciliare gli aspetti di salvaguardia ambientale con quelli di una coltivazione remunerativa. Nel caso delle arboree questo è maggiormente fattibile rispetto ad altre colture, dove il concetto di malerba infestante si fa meno negativo.
Nelle coltivazioni arboree occorre definire più propriamente la gestione della flora spontanea, che non è un controllo vero e proprio, in quanto a differenza delle erbacee si possono presentare aspetti di positiva rilevanza. L’obiettivo non è, quindi, quello di eliminare totalmente da un campo coltivato tutte le infestanti, ma di contenerne la presenza ad un livello tale da non compromettere la redditività delle piante coltivate; per questo è necessario scindere tra la flora spontanea maggiormente indesiderata, da quella tollerata o in grado di apportare benefici diretti o indiretti, come nel caso della maggior parte delle graminacee a ciclo annuale o biennale a sviluppo autunno – primaverile, he emettono essudati radicali in grado di migliorare la biosfera del vigneto. Il pirodiserbo può trovare applicazione alla fine dell’inverno o durante la primavera, in particolare lungo la fila dei frutteti.
La corretta gestione della flora spontanea risulta essenziale nella produzione vivaistica. Le infestanti competono con le piante coltivate per luce, acqua ed elementi nutritivi, risultando spesso molto aggressive e adattandosi bene alle condizioni ambientali presenti nel vivaio.
Una crescita incontrollata delle infestanti può danneggiare sia l’allevamento in pieno campo delle piante ornamentali, ma anche la crescita delle colture in contenitore. Ad oggi una delle applicazioni più efficienti, anche dal punto di vista energetico per il controllo della flora infestante nei vivai è il pirodiserbo a fiamma libera. Grazie alle diverse tipologie di macchinari (spalleggiate – carrellate – portate) l’operatore può intervenire efficacemente sia nelle colture in contenitore che in pieno campo, praticando, nel caso di specie ornamentali con forme di allevamento ad alberello anche la devitalizzazione dei giovani polloni che si sviluppano dalla base del fusto (piro-spollonatura), ponendo la giusta attenzione alle foglie impalcate basse grazie all’ausilio di particolari schermi di protezioni. Grazie a queste schermature è possibile effettuare trattamenti sulla fila, anche in quelle specie caratterizzate da un fusto facilmente infiammabile (ad es. Chamaerops humilis L.) e in quelle forme di allevamento che prevedono la presenza dell’apparato fogliare molto vicino alla superficie del suolo.